Questo è l’esempio da cui chi lavora nel sociale dovrebbe attingere a piene mani. Come riuscire a farsi pagare per un servizio che viene offerto gratis?
Molto spesso il terzo settore si trova a erogare servizi gratuiti. Servizi che però non sarebbero fattibili senza il supporto di sostenitori e sostenitrici che invece pagano per averli.
Perché una persona dovrebbe spendere dei soldi per un servizio di cui usufruisce già gratuitamente?
Eppure è esattamente quello che ha fatto Il Post con me. Mi ha offerto degli articoli puntuali, chiari, esaustivi, scritti bene e senza refusi. Me li ha offerti gratis, e io ho deciso di abbonarmi per leggere – pagando – gli stessi identici articoli.
Vero è che, prima di abbonarmi, me li ha mostrati insieme a degli annunci pubblicitari, ma non sono mai stati troppo invasivi: non spezzavano la lettura, non c’erano pop up, non ho mai cliccato per sbaglio su un banner trasparente e nemmeno ho mai perso tempo cercando la X per chiudere un annuncio.
Per di più, nel canale Telegram del Post, gli articoli in evidenza si possono leggere tramite l’Apertura Rapida, quella funzione di Telegram che ti permette di leggere un contenuto direttamente dalla app, senza distrazioni, caricato in mezzo secondo con immagini, video e link annessi. Pacchetto completo, zero stress.
La tecnica del Post
Allora come mi ha convinta a pagare un abbonamento di 8 euro al mese, se avevo già tutto a disposizione?
Tecnicamente, è stato il copywriting. Ma dietro questa parola c’è dell’altro e, se vuoi ottenere questo risultato anche tu, faresti meglio a leggere fino alla fine.
Gli annunci alla fine di ogni articolo del Post sono scritti da un-a maestro-a del copy, che ha fatto un’analisi accurata del suo pubblico e ha trovato (sperimentando in continuazione) il messaggio giusto che andasse a toccare le corde giuste.
Mi parla con un tono di voce schietto e mi fa sentire una persona che non ama le notizie false o falsate, quindi una bella persona.
Attenzione, però. Il copywriting è l’arma, è la tecnica ultima che hanno usato per attirare la mia attenzione; per farmi arrivare al loro obiettivo, hanno usato una combinazione di due fattori.
- Qualità
- Tribù
Cos’è la tribù
Mi piace parlare di tribù (grazie, Russell Brunson) piuttosto che di comunità come facevo una volta perché, nell’accezione corrente, spesso con la sua traduzione inglese community, la comunità è diventata sinonimo di un qualsiasi gruppo di pubblico con interessi simili.
Alcuni esempi: la comunità dei social media manager; la comunità di Telegram; il community manager gestisce i commenti di una pagina Facebook; la community di assistenza Google è fatta di persone (con un sacco di tempo libero e un certo grado di saccenza) che ti aiutano a risolvere i problemi di un servizio sollevando dall’incombenza l’assistenza ufficiale.
La tribù è un’altra cosa.
Il Post ha costruito una tribù di persone che credono nell’informazione come un diritto, negli articoli di qualità, nel linguaggio accessibile, nella chiarezza di spiegazione.
Ma non solo: anche nell’ironia, nell’umorismo e nella news che magari arriva un’ora dopo quella di altri quotidiani, ma arriva dopo aver già verificato le fonti. Ecco come te lo dice:
“Cercare di fare le cose bene” è una frase che sottintende due concetti:
- Che ci provano; potrebbero non riuscirci, o non sempre, ma comunque non hanno lo spocchia di dire “noi siamo migliori di altri”.
- Chi ama le cose fatte bene, è una persona per bene.
Ecco un altro esempio di quei messaggi che ti fanno sentire dalla parte giusta:
Qui hanno anche aggiunto la leva persuasiva dell’autorevolezza data dall’esperienza: sono dieci anni che Il Post esiste e lavora in questo modo.
In sostanza, per tanti mesi, ogni volta che leggevo un articolo sul sito, Il Post mi ha salutato dicendomi:
Io lo so che tu sei una persona con dei valori, proprio come noi. Se vuoi continuare a leggere gratis, te lo meriti. Ma se decidi di darci un contributo economico, allora sarai parte della costruzione di questi valori, Il Post (e quindi un mondo migliore) esisterà anche grazie a te.
Elementi per farla funzionare
Non dimentichiamo però l’altro ingrediente fondamentale che ho citato: la qualità. Se gli articoli non fossero stati di qualità, non mi sarei lasciata convincere.
Ma la cosa più bella che mi sia successa è che, quando mi sono abbonata, mi sono sentita parte di qualcosa.
Be’, poi è successo che, una volta abbonata, ho cominciato a ricevere Le Canzoni: una newsletter serale, quotidiana, dove Luca Sofri, peraltro direttore*, mi racconta una canzone che gli piace.
Una canzone, capisci? Non mi dà lo schemino con i contagi del Coronavirus, non mi dà i titoli di borsa e nemmeno il video segreto dell’ultima discussione in Parlamento.
No, mi dà una canzone. E me ne parla così:
Me ne parla, insomma, come ne avrei parlato io con il mio migliore amico quando avevo 17 anni (se fossi stata in grado di scrivere in quel modo, a 17 anni).
Conclusione
Il non-profit è la prima realtà che dovrebbe studiare questo meccanismo e farlo proprio:
✔︎ produrre un servizio di qualità
✔︎ usare il linguaggio delle persone cui si rivolge
✔︎ creare una tribù intorno ai valori condivisi
Perché nel sociale i valori condivisi sono la base fondante dell’attività, sia essa un’associazione, un’ente, una Ong, una Onlus.
Quello che bisogna fare è identificarli e creare la propria tribù con le persone che li condividono.
* P.S. “peraltro direttore” è la perifrasi usata dalla redazione per nominare Luca Sofri che, tra le varie cose, è anche – appunto – il Direttore del Post. Semplificato anche in “il peraltro”, tra noi della tribù.